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Settimana sociale nazionale di Taranto, il vescovo Michele: “Scommessa su un futuro possibile”

Ritorno dalla 49 Settimana sociale dei cattolici italiani tenuta a Taranto tra il 21 e il 24 ottobre 2021 con la gratitudine per un incontro vivo di Chiesa. Rappresentanti di quasi tutte le diocesi italiane si sono incontrati nella città di Taranto, simbolo tristemente concreto delle contraddizioni di un modello di sviluppo che non è stato in grado sino a oggi di contemperare le esigenze dell’economia e del lavoro con quelle della salute delle persone, creando disagi e difficoltà di ardua e tuttavia improrogabile soluzione.
E’ stato un incontro che – in un clima diffuso di disillusione e di sfiducia per il futuro dovuto alle conseguenze della pandemia – ha mostrato un impegno generoso e forte per tornare a incontrarsi, condividendo idee e prospettive di futuro.
La speranza espressa sin dal titolo della settimana sociale – “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso” – è stata protagonista dei contenuti presentati e discussi e, ancora di più, è stata presente e palpabile nei vari momenti di queste giornate.
Il fatto di convenire da tutte le parti di Italia per condividere speranza e impegni per un futuro possibile è stato segno eloquente che le ragioni della comunità e del bene comune possono ancora fare breccia nel cuore e nei comportamenti degli uomini e delle donne di oggi.
Abbiamo espresso la disponibilità ad assumere responsabilità per questo nostro tempo e per questa nostra terra, consapevoli che attraverso i nostri comportamenti e le nostre decisioni passa l’opportunità di non soccombere a un degrado ambientale che compromette seriamente le condizioni e le possibilità di vita nostre e delle giovani generazioni.
L’acquisizione più evidente percepita a partire dagli stimoli autorevolissimi e densi giunti da papa Francesco, è che l’impegno per il creato non è un’aggiunta opzionale alla vita delle comunità dei cristiani e dei singoli fedeli, e neppure un cedimento a una qualche moda del momento. L’amore di Dio, che scaturisce dalla presenza viva di Cristo crocifisso e risorto nella storia, non può limitarsi a qualche dimensione parziale dell’esistenza, ma deve abbracciare ogni persona e ogni aspetto della sua vita.
Le relazioni vissute ogni giorno, la giustizia sociale, la pace, le prospettive di un futuro dignitoso per tutti sono intimamente legate tra di loro. Tutto è connesso. La nostra vita non si svolge nel vuoto, o in un contesto tutto artificiale di realtà virtuale: siamo parte del nostro mondo e impastati di materia, utilizziamo risorse, coltiviamo la terra, produciamo beni e servizi, sviluppiamo stili di vita. Respiriamo aria, viviamo grazie all’acqua, ci muoviamo con vari mezzi di trasporto, consumiamo beni cercando qualità di vita, creiamo scorie, scarti e rifiuti. Questa è la nostra vita, alla quale abbiamo bisogno fondamentale di dare un senso, un significato.
È questa vita che il Signore ha assunto su di sé nell’incarnazione, è questa che egli vuole toccare con gesti di tenerezza. Il cuore della nostra fede ci chiede di trarre, in ogni aspetto della nostra vita, le conseguenze del nostro incontro con il Signore risorto. E’ questo il senso della conversione ecologica cui ci invita con urgenza il magistero di papa Francesco.
Dalla nostra adesione a Cristo dovranno scaturire scelte concrete dei singoli, delle comunità cristiane, della Chiesa tutta. Di tutti noi. L’incontro di Taranto è stato una tappa importante di questo cammino: sta a noi proseguire, e scommettere su un futuro possibile, fondato sul dono di Dio, affidato alle nostre mani, alle nostre intelligenze, alla nostra cura operosa. La presenza appassionata, intelligente, innovativa ed esigente di giovani uomini e donne a questo incontro è stata come la caparra della speranza che il Signore continua a donarci. Ascoltarli, lasciare loro spazio e iniziativa, incoraggiarli e soprattutto imparare da loro darà un volto nuovo e bello al nostro tempo.
† Michele, vescovo

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Settimana sociale nazionale di Taranto, don Magoga: “Scelte concrete per le nostre comunità”

Solo a guardare i numeri, la Settimana sociale nazionale dei cattolici che si è celebrata a Taranto ci dice che l’argomento e l’appuntamento erano attesi. Circa mille presenze con un terzo sotto i 35 anni; 214 diocesi su 226; 94 vescovi. Non a caso “la Settimana” è stata indicata come la prima tappa del Cammino sinodale della Chiesa italiana.
Un’occasione di grande respiro ecclesiale, dove l’ascolto del grido della Terra e dei poveri si è intrecciato con riflessioni di esperti di economia, pedagogia e politica per orientare innanzitutto le comunità cristiane e civili per scelte etiche e sostenibili.
A introdurre le giornate, due bibliste, che attraverso i racconti della Genesi, mostravano come il Creatore pose l’uomo al centro di un giardino. Di questo Eden, Dio, volle Adamo come custode e contadino. Cura e lavoro si presentano come i primi compiti per chi, fatto dello stesso materiale della Terra, anche vive di essa. Mancarle di rispetto significa mancare di rispetto a se stessi.
Ma, come sappiamo, l’azione dell’uomo tradirà l’invito alla cura e alla custodia. Andrà perduta così quella generativa alleanza con il fratello prima e con la Madre Terra poi. Omicidio e deserto saranno l’azione e la reazione che segneranno la Creazione dopo il peccato. Solo dopo la resurrezione, Maria Maddalena, in un altro giardino, cercando Gesù – l’uomo della riconciliazione – ci indicherà il nuovo custode del giardino, il nuovo Adamo. E Gesù, chiamandola per nome “Maria”, tornerà a soffiare il suo alito di vita e di speranza in chi aveva ormai solo il deserto nel cuore. Anche il logo, scelto per queste giornate, descrive l’azione di un soffio vitale. Il disegno rappresenta una bambina accanto a un operaio inginocchiato ai suoi piedi. Il suo gesto di soffiare sulla mano sembra farsi narrazione di un mondo che piano piano, una foglia alla volta, ridà colore al mondo. Vi possiamo vedere il lavoratore che ascolta, da un bambino, quel pianeta che lui stesso un tempo desiderava, ma che ha smesso di sperare.
Dire questo a Taranto significava dar voce a un popolo e a una terra ferita e malata. Proprio i bambini (anche quelli non nati per la sterilità dei loro genitori a causa dell’inquinamento) sono le prime vittime di un lavoro che ha tradito l’ambiente e il futuro. Una mamma in una tavola rotonda ha gridato: “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino”. Non possiamo più permettere che lavoro e sviluppo siano opposti ad ambiente, salute, maternità. Non possiamo più agire con politiche preoccupate solo di contenere il male ma dobbiamo prodigarci per azioni e programmazioni che cerchino il bene.
Nel suo saluto, papa Francesco, ha usato delle suggestive immagini attingendole da alcuni cartelli stradali.
Nel “divieto di sosta” ci ricordava che non possiamo fermarci “stanchi e sfiduciati” ma – come la Maddalena – sapere che “l’amore ci sospinge e ci vieta di fermarci. Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono. La speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono”.
Proprio i giovani, con un loro manifesto intitolato “L’alleanza è un cammino”, ci stimolano a iniziare passi e azioni concrete per l’ambiente, il lavoro e le comunità. Come sarebbe bello poter iniziare anche nella nostra Diocesi nuovi percorsi sui passi indicati dalla Laudato si’.
In chiusura mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, accanto alle proposte da indirizzare al Governo e al Parlamento italiano ed europeo, ha indicato alcune scelte per la comunità ecclesiale: che le parrocchie diventino “comunità energetiche” sentendo la responsabilità di essere sempre più “carbon free”; che adottino scelte, con i loro acquisti e la loro informazione, contro il caporalato nella logica del “work free”; che promuovano l’alleanza tra generazioni, tra forze diverse di buona volontà, “generation free”. Non ci facciamo illusioni, ma ci crediamo e vogliamo accettare la sfida per il pianeta che speriamo. (don Paolo Magoga, direttore ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del Lavoro, Giustizia e Pace, Salvaguardia del Creato)

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Settimana sociale, quarta serata: la denatalità cambia il welfare. Ha così preso il via il Cantiere Welfare di “Partecipare il Presente”

Una questione strutturale ed epocale, un’altra “transizione” con cui dobbiamo fare i conti. Si è tornati a discutere di calo demografico e delle sue implicazioni per il mondo del lavoro e per lo stato sociale nella quarta e ultima serata della Settimana sociale dei cattolici trevigiani, mettendo a fuoco i temi correlati del welfare, dell’occupazione, del sistema pensionistico. “Si tratta di un grave problema che necessita di scelte, politiche e risorse a ogni livello per invertire la tendenza”, ha precisato introducendo l’incontro Luca Bertuola, presidente di Partecipare il Presente. L’ultima serata della Settimana sociale ha infatti coinciso con l’apertura del ciclo autunnale della scuola sociopolitica dell’associazione che mette insieme numerose realtà della società civile e del mondo economico trevigiano. Il tutto, in continuità con la Settimana sociale, nell’ambito del Network per il bene comune. “Continuiamo a proporre questo calendario di appuntamenti, perché crediamo nell’importanza della coesione sociale come volano di futuro. E per questo esprimiamo anche la nostra solidarietà alla Cgil per quanto accaduto nei giorni scorsi”. “Nel post pandemia abbiamo bisogno di ripristinare il nostro sistema di welfare, rispetto alle prestazioni di sostegno al reddito, secondo condizioni di solidità strutturale, equità, impatto sulla natività, per creare condizioni di benessere di lungo periodo – ha sottolineato Antonio Pone, direttore Inps Treviso, dopo aver delineato il quadro delle misure messe in campo lo scorso anno -. Insomma, dobbiamo attrezzarci: non ci saranno più solo crisi endogene, cioè che nascono all’interno del sistema; sarà dunque importante l’universalità delle prestazioni imparando a fare «bene e presto» e tenendo conto delle coperture”. “Il tema della denatalità impatta su tanti ambiti, non ultimo quello dell’organizzazione del lavoro e del sistema pensionistico – ha ribadito anche Agar Brugiavini docente universitaria a Ca’ Foscari -. E questo impone di formulare un welfare aderente ai nuovi bisogni, alle prospettive che si vanno delineando”, che tenga conto dei motivi economici, sociali, culturali che hanno generato il calo demografico e di molti elementi che concorrono: l’organizzazione del lavoro, la questione femminile, il tema dei carichi di cura, le mancate politiche di conciliazione. “Questo è il tempo di investire in modo sostenibile e strutturale, non per assistenzialismo ma per il futuro”. “La natalità dovrebbe essere dunque l’obiettivo strategico del nostro Paese – ha concluso Pone – anche accompagnato da un forte connotato simbolico. Serve uscire dalla logica delle mance, verificare il reale impatto delle misure messe in campo, copiare bene dagli stati che hanno saputo invertire i trend”. Un tema ripreso con forza anche dal moderatore della serata, Adriano Bordignon, presidente delll’Ebicom e del Forum regionale delle famiglie.
“Continuiamo pertanto a credere nella profezia sulla felicità – ha concluso il vescovo Michele Tomasi -, quella che leggiamo nelle pagine del profeta Zaccaria: «Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano, per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze». Continuiamo cioè a credere che un sogno così possa essere motore per la nostra società, l’economia, le istituzioni, per l’impegno delle persone e quello educativo che la Chiesa può assumere”. (Francesca Gagno – La Vita del popolo)

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Settimana sociale, terza serata: l’ambiente in Costituzione, ma serve una nuova cultura

“La Repubblica tutela l’ambiente, gli ecosistemi e la biodiversità nell’interesse delle nuove generazioni”. Così si vuole modificare l’articolo 9 della Costituzione attraverso la proposta di legge costituzionale che ha tra i firmatari il senatore Andrea Ferrazzi. Il politico veneziano fa parte della Commissione ambiente del Senato ed è intervenuto lunedì 11 ottobre alla terza serata della Settimana sociale dei cattolici trevigiani. La frase introdurrebbe le tematiche ambientali fra i principi fondamentali della Costituzione. La legge prevede inoltre la modifica dell’articolo 41, che introduce per la libertà dell’iniziativa privata il limite della tutela della salute e dell’ambiente. La proposta è stata approvata in un primo passaggio da entrambi i rami del Parlamento e terminerà il suo iter di legge costituzionale, con la seconda lettura, entro primavera.

Di “ambiente in Costituzione e progettazione territoriale” si è parlato dunque durante l’appuntamento di lunedì sera della Settimana sociale. Hanno acceso il dibattito il senatore Ferrazzi, appunto, e il professor Paolo Pileri, docente di Progettazione e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano.

Al centro del confronto la constatazione di non essere di fronte a un’emergenza climatica, ma a una crisi strutturale che produce i suoi effetti in tutto il mondo, che crea ingiustizia sociale e che nei prossimi anni scatenerà crisi geopolitiche e nuove guerre. I relatori hanno sottolineato la rilevanza fondamentale, in questo quadro, di un’enciclica come la Laudato Si’ di papa Francesco che introduce i temi dell’ecologia integrale e invita a portare avanti una rivoluzione culturale “coraggiosa” e ad avere l’“onestà” di mettere in dubbio l’attuale modello di sviluppo. Ed è proprio sull’urgenza di una cultura ambientale che si è focalizzato l’intervento di Pileri, cultura necessaria alla pianificazione urbana, all’arresto del consumo di suolo, allo scardinamento di interessi consolidati, ma in primo luogo a comprendere i paradigmi essenziali della questione ambientale, come ad esempio cosa sia il suolo: “In un solo cucchiaio di terra preso in un bosco possiamo trovare nove miliardi di unità di vita che si tengono insieme, dunque il suolo è biodiversità ed è un ecosistema da tutelare”.

A seguire la cultura, le tecnologie, che possono darci le risposte che ancora ci mancano per affrontare la crisi climatica. Sempre di più, oggi, la società civile tenta di adottare comportamenti virtuosi e di fare la propria parte per la salvaguardia dell’ambiente, ma alle volte sembra di trovarsi in un vicolo cieco: l’occidente che fino a ieri ha avvelenato il mondo ora prova a ridurre le immissioni e pretende che facciano lo stesso anche i Paesi in via di sviluppo; si promuovono auto, bici, monopattini elettrici senza riflettere sulla provenienza dell’energia; si passa alle riunioni sulle piattaforme online per ridurre gli spostamenti non necessari senza considerare che se Internet fosse una Nazione, sarebbe nella top ten delle più inquinanti al mondo. Ma allora che soluzione abbiamo per impedire l’imminente catastrofe climatica? Naturalmente promuovere le buone pratiche, incentivando una mobilità lenta e sicura, portando le ciclabili anche nei Paesi più poveri e facendo sì che le istanze ambientali siano fonte di sviluppo economico e di crescita. E prendersi cura del territorio, come ha ribadito il prof. Pileri: “Per la transizione energetica si parla di 15 gigawatt in 5 anni prodotti dal fotovoltaico, ma non si dice dove questi impianti devono essere messi, cioè sui tetti, bastavano due parole per evitare il rischio di occupare 18 mila ettari di suolo con i pannelli, 18 mila ettari sono tre volte il consumo nazionale annuo di suolo”. Nei prossimi anni inoltre sarà fondamentale il modo in cui produrremo l’energia e il raggiungimento di un’autonomia energetica, che libererebbe da tensioni geopolitiche e conflitti. Il senatore Ferrazzi indica una strada nello sviluppo di nuove tecnologie: nuovi materiali e soprattutto l’idrogeno verde, un’energia a emissioni zero che oggi non è ancora sostenibile a livello economico, ma che potrebbe diventarlo presto investendo in ricerca tecnologica. Sullo sfondo il Piano nazionale di ripresa e resilienza, visto dalla politica come un’enorme opportunità di sviluppo, ma che il mondo accademico e dell’attivismo ambientale rappresentato da Pileri non considera sufficiente senza che il Paese compia anche un grosso investimento in una cultura ecologica. (Manuela Mazzariol – La Vita del popolo)

 

 

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Transizioni e nuovo welfare, il Cantiere di Partecipare il Presente con 4 appuntamenti

Il termine ‘transizione’ ben caratterizza questa fase di superamento dell’emergenza pandemica per un oggi e un domani che capiamo essere per molti aspetti diversi rispetto a prima. Partecipare il Presente, la scuola di formazione socio politica che vede insieme numerosi soggetti associativi e istituzionali della provincia di Treviso, scegli di concentrarsi sull’impatto delle transizioni in corso sugli strumenti di welfare.
“Quello sul welfare è il secondo ‘cantiere’ sul tema della sostenibilità che per Partecipare il Presente è la linea guida che orienterà della transizione in essere – dichiara Luca Bertuola, Presidente della scuola – . Il primo, a inizio 2021, è stato dedicato al lavoro, ora pensiamo agli strumenti di sostegno quando molte persone stanno sperimentando insicurezza e fragilità sociale. Durante i mesi più duri che abbiamo attraversato, abbiamo apprezzato il vantaggio di disporre di uno stato sociale (nella sanità e assistenza sociale, ad esempio) e accanto a questo l’esigenza di allargarlo verso nuove dimensioni, come il tempo e la cura. E’ un futuro in costruzione, con ancora molte incertezze, che coinvolge in modo rilevante anche lavoratori, imprenditori e sempre più i giovani. Un welfare che risponda in termini di servizi ai bisogni dei cittadini, ma anche liberando tempo per la cura”.
Il cantiere welfare di Partecipare il Presente si articola in quattro appuntamenti, tra ottobre e novembre. Il primo, martedì 12 ottobre alle 20,30, all’auditorium del collegio Pio X è nell’ambito della 35ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani. Al centro, il cambiamento demografico con il progressivo invecchiamento della popolazione e il suo impatto sul welfare, con i rischi di accrescere la fragilità sociale se non interverrà un ripensamento degli attuali strumenti. Ne parleranno la Professoressa Agar Brugiavini, Ordinario di Economia politica all’Università di Venezia, studiosa dei sistemi pensionistici ed economia dell’invecchiamento, e, in apertura, il Direttore regionale dell’Inps del Veneto, Antonio Pone, che illustrerà l’andamento delle prestazioni assistenziali e previdenziali dell’Istituto nei due anni di Covid 19.
Il secondo incontro, mercoledì 20 ottobre alle 20,30 in webinar, guarda alle possibilità offerte dall’ambizioso Piano di Ripresa e Resilienza a fronte della sostenibilità dei sistemi di welfare. Ne parlerà la Professoressa Franca Maino, docente di politiche sociali e del lavoro all’Università di Milano e dal 2011 direttrice del laboratorio di ricerca Percorsi di secondo welfare.
A novembre, il primo appuntamento, giovedì 11 alle 20,30 all’auditorium Pio X° di Treviso, guarda ai sistemi di tutela generati dalla contrattazione, territoriale o aziendale, che nel tempo ha costruito un sistema di servizi ai lavoratori e alle loro famiglie che possono essere di utilità anche per il sistema pubblico di welfare. Relatore sarà Emanuele Massagli, ricercatore all’Università LUMSA di Roma ed esperto di pedagogia del lavoro e pedagogia sociale. A seguire un dibattito con le organizzazioni di rappresentanza moderato dal Direttore di Veneto Lavoro, Tiziano Barone.

Il quarto incontro, giovedì 25 novembre alle 20,30 sempre all’auditorium del Collegio Pio X°, riflette sul punto d’incontro nella società tra tempo del lavoro e tempo della cura anche nell’organizzazione aziendale. Ne parlerà Giulio Antonini, il cui percorso didattico – è professore a contratto presso IUSVE – Dipartimento di scienze dell’Educazione –  si accompagna al lavoro come  Direttore della casa di Riposo Don Vittorio Allegri di Salzano.

Nel sito www.partecipareilpresente.it sono accessibili le locandine e gli indirizzi di accesso alla piattaforma Zoom (tutti gli incontri saranno anche in streaming).

La Scuola di Formazione Sociale e Politica “Partecipare il Presente”, costituitasi nel 2005, oggi vede la collaborazione tra:
ACLI Treviso, Artigianato Trevigiano – Casartigiani, Assindustria Venetocentro, Associazione Comuni della Marca Trevigiana, CIA Treviso, CGIL Treviso, CISL Belluno Treviso, CNA Treviso, Confagricoltura Treviso, Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, Confcooperative Belluno e Treviso, Confesercenti Treviso, EBicom Ente Bilaterale territoriale della provincia di Treviso, Federmanager Treviso Belluno, Forum delle Associazioni Familiari della provincia di Treviso, Pastorale Sociale e del lavoro Diocesi di Treviso, UCID Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, Unascom Confcommercio Treviso e Volontarinsieme CSV Treviso.

“Partecipare il Presente” ha aderito al Network per il bene comune e i quattro appuntamenti fanno parte del calendario “Transizioni” 2021-2022.

www.partecipareilpresente.it

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Settimana sociale, seconda serata con la prof. Mio: “L’azienda sostenibile è quella che crea valore”

ArrayLa cosa più brutta che possa capitare a un incontro dove cerchi risposte è che siano poste delle domande proprio a te e che tu debba fornirle, anche se in anonimato. E’ iniziata con questo piacevole, a dir la verità, “colpo di teatro”, la seconda serata della 35ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani, introdotta da Gianfranco Pozzobon a nome del Meic, presente il vescovo Tomasi, e incentrata sul tema “Sostenibilità: sfida e compito necessario per gli attori sociali”. A parlarne la professoressa Chiara Mio, dell’Università Ca’ Foscari nella quale tiene corsi legati alla programmazione e controllo, alla misurazione delle performance e alla responsabilità sociale d’impresa. Autrice del libro “L’azienda sostenibile”, editori Laterza, presiede la banca FriulAdria-Credit agricole.

Un’esperta titolata, quindi, per parlare di sostenibilità e del suo significato. Perché di sostenibilità parlano tutti, “è una parola abusata”, ma non sempre con cognizione. Ecco allora le domande che hanno interpellato i presenti nell’auditorium del collegio Pio X a Treviso e anche quelli collegati in streaming e nelle sedi predisposte sul territorio. “Se tutto diventa sostenibilità, allora niente è sostenibilità”, ha affermato perentoria la docente. In realtà una definizione chiara, messa a punto dagli studiosi, di sostenibilità c’è e non riguarda in senso stretto l’ambiente e l’uso delle risorse, come invece risposto dalla maggioranza dei presenti, bensì è “la creazione di valore per gli stakeholder (chiunque abbia interesse, ndr) nel lungo termine”.
Da qui si è sviluppata la puntuale spiegazione della professoressa Mio, “non c’è sostenibilità se non c’è una creazione, ma di valore, da parte dell’uomo. Creare valore non vuol dire creare profitto o creare utile. E non tutto ciò che ha valore, ha mercato anche in azienda”. L’esempio che ha portato la relatrice è stato quello della reputazione di un’azienda, che ha un grandissimo valore, pur non avendo un mercato. Ha valore per chi deve andarci a lavorare, ha valore per chi deve acquistare i suoi prodotti, ha valore per chi vuole investirci… Eccoli i portatori di interesse. Se inquina o ha molti dipendenti con contratti a tempo determinato, il suo valore, senza dubbio, diminuisce.
Finora la aziende sono state misurate con il profitto, “oggi invece dobbiamo misurare le aziende in tema di sostenibilità attraverso la governance, l’impatto ambientale e l’impatto sociale”, negli investimenti che devono riguardare tre dimensioni, quella economica, quella ecologica e quella etica, le quali in un’azienda sostenibile devono essere sempre presenti e avere un equilibrio.
Ha creato qualche “rumors” tra i presenti, pensando ad aziende conosciute o anche ad alcune finite in cronaca recentemente, l’affermazione della dottoressa Mio, riguardo alla preoccupazione che un’azienda deve avere rispetto all’impronta ambientale che va dalla produzione della materia prima fino alla smaltimento, avendo a cuore quindi tutta l’intera filiera, compresi fornitori e collaboratori “etici”. “Perché deve farlo? Perché è buona”, ha interpellato la docente. In realtà perché l’ottimizzazione di risorse si rivela un vantaggio per i costi dell’azienda. E ha assicurato che anche in Italia, anche nel nostro Nordest fatto di piccole e medie aziende, ci sono esempi di realtà virtuose che non pensano esclusivamente al profitto, ma a condividere un progetto imprenditoriale che dà valore e contribuisce a cambiare il territorio, se non il mondo…
Ma, c’è un ma…“L’azienda sostenibile ha bisogno di un ecosistema sostenibile: istituzioni che facciano il loro lavoro, consumatori con sensibilità, associazioni datoriali che diano indicazioni comuni ai singoli settori. In questo senso la Pubblica amministrazione dovrebbe dare l’esempio”. E ha indicato una via per i cattolici che vogliono impegnarsi: “E’ un momento da sfruttare per la consonanza che c’è tra le aziende che dal di dentro vogliono cambiare e la dottrina sociale della Chiesa”, per cambiare il modo di produrre in senso sostenibile, per l’uomo e per il pianeta. (Lucia Gottardello)

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Zuppi alla Settimana sociale: “Il nemico è l’individualismo”

Il mutamento d’epoca c’è. E va abitato. Senza nostalgie per i tempi passati e per la “cristianità perduta”. Reagendo, soprattutto, alla vera pandemia dei nostri tempi, che è quella dell’individualismo, della ricerca del benessere fine a se stesso, senza pensare all’esistenza dell’altro. “In questo senso, Il Covid-19, con il suo carico di sofferenza, ci ha provocato”. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha aperto con questo invito la trentacinquesima Settimana sociale dei cattolici trevigiani. L’appuntamento – promosso dalla Vita del popolo, l’Azione cattolica di Treviso, il Meic, l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, con la collaborazione di “Partecipare il presente” e del Collegio Pio X – affronta quest’anno il tema “Transizioni – La sfida della sostenibilità in un mutamento d’epoca”. Un titolo che fa da sfondo anche al calendario del Network per il Bene comune, creato da varie realtà che nel territorio promuovono iniziative di formazione sociopolitica.
Ad ascoltare l’arcivescovo, nell’auditorium San Pio X, un pubblico attento; ma anche coloro che hanno partecipato all’appuntamento in uno dei sei luoghi del territorio diocesano allestiti dall’Azione cattolica (Asolo, Fonte, Castelfranco Veneto, Scorzè, Casale sul Sile e Zero Branco); e coloro che hanno seguito la diretta attraverso YouTube.

 

“La Dottrina sociale e la profezia di Francesco: strumenti per abitare il mutamento d’epoca” il tema affidato al cardinale Zuppi.
Il suo intervento si è dipanato proprio a partire da alcuni termini del titolo della serata: il mutamento d’epoca, il verbo “abitare”, che “rischia di sapere un po’ da ecclesialese, ma è comunque pertinente e azzeccato”, il magistero di Francesco e la sua profezia.
“Mutamento d’epoca” è un’espressione che anche il Papa ha usato. Ci troviamo di fronte, ha ammesso il porporato, di fronte a un mondo complesso, di fronte al quale davvero, come ha detto Francesco, siamo tutti sulla stessa barca. “E questo vale sempre, non solo per la pandemia, non possiamo pensare, appunto, di vivere sani in un mondo malato”.
Il cambiamento d’epoca “è una cosa seria, ci chiede di essere all’altezza”. Ci chiede, appunto, di “abitare” questo tempo. Di “capire quello che sta succedendo, di scrutare i segni dei tempi”. Un esercizio che non si fa in modo accademico, ma con l’amore.
Uno dei segni che scorgiamo con nitidezza, ha fatto notare l’arcivescovo, è “la fine della cristianità, che non significa fine del cristianesimo o della Chiesa. E’ così, che ci piaccia o no, il Papa lo ha detto in un discorso alla Curia romana. Non è detto che sia una cosa solo negativa, perché con la cristianità finiscono alcune acquisizioni, alcune incrostazioni”.
Certo, questa situazione, che si è verificata in modo repentino, nell’arco di alcuni decenni, ha una causa profonda: “Non abbiamo capito la forza dell’individualismo, la ricerca del benessere individuale, mentre invece il cristianesimo ci provoca, per alcuni aspetti «ci rovina la vita». Oggi tutti i diritti sono coniugati in modo individuale, senza il «noi»”.
Proprio qui entra in gioco la “profezia” di Francesco, delineata nell’enciclica Fratelli tutti, che mette in evidenza quello che oggi è il primo ruolo della Chiesa cattolica. Sfidare, appunto, profeticamente, questa deriva individualista, vivendo il Vangelo. Il cardinale ha citato Cassiodoro, il quale afferma: “Sarò mio quando sarò stato tuo”. “Io non sono senza l’altro, è l’idea centrale di Fratelli tutti”, ha aggiunto il cardinale Zuppi. I cristiani, quindi, non sono chiamati, come qualcuno vorrebbe, a estraniarsi da questo tempo, a pensare di attendere che i barbari se ne vadano. “In realtà, anche i monasteri del Medio Evo erano luoghi aperti, di accoglienza, e poi l’individualismo non conosce zone franche, entra dappertutto”. Piuttosto, occorre “ascoltare, fare un pezzo di strada assieme alle persone”, senza pensare immediatamente a una riconquista. Piuttosto, si tratta di “svelare la presenza di Dio” tra gli uomini, come afferma il Papa in Evangelii Gaudium.
Entra, qui, un’altra espressione di papa Francesco: la Chiesa come “ospedale da campo”, capace di chinarsi sulle sofferenze, per farsi essa stessa convertire. L’attenzione ai poveri diventa, allora, un caposaldo: “Del resto, saremo giudicati su questo. E quando il Papa parla di periferie non intende solo quelle geografiche, ma tante situazioni esistenziali. Penso alle crescenti realtà di solitudine, alle tante persone che hanno problemi di relazioni”.
In ogni caso, ha concluso il cardinale Zuppi, “ogni crisi è generativa”. Accadrà anche stavolta. Un’opportunità è questa attenzione alla “sostenibilità”, altra parola chiave di questa Settimana sociale, anche i riferimento al Piano nazionale di rinascita e resilienza: “Oggi si tratta di costruire qualcosa che cambierà le nostre vite nei prossimi vent’anni”. Una sfida nella sfida.

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Il creato interpella l’uomo. Ermes Ronchi: “Crisi ambientale diventa crisi sociale”

Guardiamo al mondo con superficialità ma l’emergenza climatica ci riguarda tutti. Dobbiamo essere consapevoli del modo in cui utilizziamo le risorse. Dobbiamo provare un sentimento di cura e non di paura per salvaguardare il Creato. In estrema sintesi sono queste alcune riflessioni emerse dalle relazioni esposte all’incontro “C’è qualcuno in ascolto? Il creato interpella l’uomo”, quarto e ultimo incontro svoltosi nella chiesa di S. Francesco a Treviso giovedì 30 settembre nell’ambito del “Il tempo del Creato” 2021. Presente anche il Vescovo di Treviso mons. Michele Tomasi. Protagonisti del dibattito la biologa ambientale Katia Zanatta, l’idrogeologo Nico Dalla Libera e il teologo padre Ermes Ronchi. Ha moderato il giornalista Umberto Folena.

L’iniziativa fa parte del ciclo organizzato dalla Commissione diocesana di Pastorale sociale e Salvaguardia del Creato in collaborazione con il Centro “Don Paolo Chiavacci”, l’associazione “Incontri con la Natura”, la “Fondazione Opera Monte Grappa”, la “Comunità Laudato sì” di Treviso. L’incontro è stato anche un’anteprima della Settimana sociale dei cattolici trevigiani intitolata “Transizioni” che inizierà lunedì 4 ottobre al Collegio Pio X di Treviso.

Nel suo saluto iniziale don Paolo Magoga, direttore dell’Ufficio Pastorale sociale e Salvaguardia del Creato e coordinatore della rassegna ha detto tra l’altro: «Oggi vogliamo metterci in ascolto di alcuni amici che per sensibilità personale, lavoro e vocazione vivono a stretto contatto con il Creato. Voci diverse, stimoli, provocazioni per ridare valore a ciò che ai nostri padri rivelava la sapienza del vivere e a noi ha lasciato, purtroppo, solo il valore di un prodotto, una merce».

La biologa Zanatta: «Credo che accanto alle Sacre scritture troviamo un altro Libro che ci parla di Dio: la Natura. Purtroppo si tratta di un libro poco letto, poco ascoltato. Nella natura io credo ci siano le soluzioni alle grandi questioni di questo tempo, soluzioni che purtroppo tendiamo relegare alla tecnologia. Ultimamente siamo bombardati da notizie sul cambiamento climatico e ciò è positivo fino ad un certo punto. Si rischia l’infodemia, la perdita di orientamento da eccesso di informazioni non sempre corrette. La visione dominante veicolata dai media è che il cambiamento climatico è una minaccia per l’umanità e ciò è verissimo, ma si dimentica o si riduce ai margini dell’informazione il fatto che le conseguenze delle attività umane stanno portando alla estinzione di massa e al collasso molti ecosistemi naturali.
Il Creato è la Natura, è la Biodiversità, è la complessa rete di relazioni chimico-fisiche paragonabili al sistema nervoso e che un grande ecologo (Eugene Odum, 1971) chiamò “invisibili fili della natura”. Non siamo in grado di vedere o notare le piante nel loro ambiente. Ciò che noi vediamo è un generico “verde” da cui “paesaggio verdeggiante” oggi molto usato nei media e purtroppo anche nel gergo politico. Così si comprende con quanta superficialità noi guardiamo al mondo delle piante, senza conoscere, quindi senza vedere l’enorme diversità e bellezza che le caratterizza. Non possiamo più permetterci di distruggere specie e habitat naturali, soprattutto in pianura, possiamo solo ripristinare la naturalità nel nostro territorio e insieme ricucire il rapporto che noi abbiamo perso con la natura».

L’idrogeologo Nico Dalla Libera: «Questa cecità è riscontrabile anche nel settore delle risorse idriche. Lo riscontro nel mio lavoro quotidiano. L’ambiente non è solo l’oceano, lo scioglimento delle calotte polari, l’acidificazione degli oceani, l’inquinamento da plastica, ma è anche la mancanza d’acqua per sostenere i processi naturali. La transizione ecologica si realizza nel momento in cui c’è consapevolezza anche da parte della popolazione di che cosa sta succedendo nell’ambiente. Serve senso di responsabilità da parte del singolo cittadino nell’utilizzo della risorse».

Il teologo padre Ermes Ronchi: «Quello della mancanza di consapevolezza è il tema centrale: dobbiamo provare un sentimento di cura e non di paura. Il passo imprescindibile è innamorarsi della realtà. Poter cogliere questo bene e innamorarsi di questo bene significa fare dei passi avanti. I deserti esterni sono frutto dei deserti interni. C’è un’unica crisi che comprende aspetti ecologici e sociali. Pensate all’inarrestabile pressione migratoria causata soprattutto dalla fame e quindi da un progressivo impoverimento».

Ronchi ha quindi raccontato ciò che ha vissuto un confratello in Indonesia in un’isola con 12 milioni di abitanti. Qui una multinazionale ha trasformato tutti i terreni in una monocoltura di palme da olio illudendo la gente con la promessa di soldi e di lavoro. Le conseguenze? Lo stravolgimento dell’ambiente e l’aumento della povertà e dei furti compiuti per sopravvivere.

«La crisi ambientale diventa crisi sociale – ha aggiunto Ronchi -. Come diceva Padre Turoldo il problema del mondo non sono i poveri, sono i ricchi. Il primi soggetti di disordine del mondo non sono i poveri, non sono i migranti, ma chi li ha spinti ad abbandonare la loro casa. C’è un consumo sfrenato delle fonti energetiche e noi sappiamo che c’è pane per tutti sulla terra ma non è sufficiente a causa dell’avidità di pochi. Non possiamo prenderci cura di qualcosa se non amiamo. L’amore nasce dal sentirsi una sola famiglia.
La Genesi dice che Dio plasma l’uomo non con il fango, non con la creta, non con l’argilla ma con polvere del suolo. Noi tutti siamo un impasto di polvere cosmica e di respiro divino. Allora quando sentiremo di condividere con tutte le altre creature viventi uno stesso patrimonio genetico saremo capaci di rendere grazie e custodire la nostra terra. Madre Terra è una madre bella che ci accoglie fra le sue braccia. E’ anche una sorella che grida per il male provocato dalla violenza dell’uomo. “Ama il prossimo tuo” diventa “ama la terra, amala come la ama Dio, ama la terra come ami te stesso”.

Il vescovo Michele Tomasi nel suo saluto finale di ringraziamento ha sottolineato come “la conoscenza è una forma di amore. Se io amo voglio conoscere, se inizio a conoscere amo. E’ un circolo importantissimo. Stasera ci avete detto cose grandi. Parlare di questi temi non è un optional o una moda, è il vivere davvero qui ed oggi. Più conosciamo più ascoltiamo».

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